Entro 7 anni saranno i robot a svolgere oltre la metà dei lavori esistenti al momento, ma nessuno dovrà restare disoccupato. A rassicurare il mercato è uno studio diffuso di recente dal World Economic Forum: in 5 anni verranno create 133 milioni di nuove posizioni lavorative a fronte dell’automazione di 75 milioni di mansioni. Secondo lo studio, robot e tecnologia creeranno 58 milioni di nuovi posti di lavoro a patto che gli Stati investano nella formazione dei lavoratori.
Quella che avverrà nella prossima decade è già stata ribattezzata la “quarta rivoluzione industriale”. Sono tanti a temere di vedere il loro lavoro presto sostituito da una macchina. Non tutti però sono convinti che andrà a finire proprio così.
I responsabili delle risorse umane e i top strategy executive di 12 industrie e 20 economie sviluppate ed emergenti (che insieme rappresentano il 70% del PIL globale), sulle cui analisi si basa lo studio del WEF, ad esempio, pensano che il progresso tecnologico creerà oltre 133 milioni di posti di lavoro entro il 2022. L’evoluzione del mercato del lavoro, in particolare, porterà con sé una grande espansione dei ruoli legati all’information technology: i più richiesti saranno gli esperti di analisi dei dati e gli scienziati, seguiti da esperti in intelligenza artificiale e manager gestionali. A seguire, gli sviluppatori di software e i professionisti dei settori vendite e marketing.
Quelli che scompariranno, invece, saranno 75mila posti di lavoro che prevedono mansioni che le macchine potranno imparare facilmente, come ad esempio compiti amministrativi legati alla gestione delle buste paga o all’inserimento di dati nei sistemi informatici. Al momento solo il 29% del lavoro complessivo è svolto da robot, mentre il 71% è ancora affidato ai lavoratori. Ma secondo le previsioni del WEF, entro il 2025 questa proporzione cambierà radicalmente: oltre la metà delle ore di lavoro saranno svolte da sistemi automatizzati. Fondamentale sarà la diffusione dell’intelligenza artificiale, che troverà applicazione nel mercato automobilistico e aerospaziale e perfino nell’alta finanza.
Le previsioni fornite dal World Economic Forum sembrano trovare conferma anche in uno studio condotto dal Centro per la ricerca europea (ZEW) di Mannheim e commissionato dal Ministero per l’istruzione e la ricerca tedesco.
La Germania oggi è la terza industria al mondo per automazione e nel 2017 ha raggiunto il numero massimo di occupati dal 1989 con 44 milioni di posti di lavoro. «La digitalizzazione tra il 2011 e il 2016 ha in realtà contribuito alla crescita per almeno l’1%», sottolinea Terry Gregory, membro del dipartimento di ricerca sul mercato del lavoro dell’istituto tedesco. Secondo lo studio il calo del 5% del livello di occupazione dovuto alla digitalizzazione, tra il 2011 e il 2016, è stato pienamente compensato nei settori dell’industria che maggiormente hanno puntato sulle nuove tecnologie. Solo il 31,4 % delle industrie tedesche è ancora restio ad aprirsi alle nuove tecnologie.