Trascorrere del tempo fuori dall’ufficio per conoscersi meglio lontano dall’ansia delle scadenze e dall’assillo di email e telefonate. Spesso quando si pensa al team building è questa l’idea che si affaccia per prima alla mente. In tanti parlano di questo fenomeno come uno strumento straordinario a disposizione delle aziende, soprattutto per quelle realtà di grandi dimensioni, in cui i colleghi stentano a riconoscersi. Non sempre però i risultati sono così miracolosi.
Più che sui limiti del team building, però, bisogna interrogarsi sui limiti della sua attuazione. Spesso, soprattutto in Italia, vengono organizzati eventi sorprendenti e attività inconsuete – dal rafting, all’arrampicata, a improbabili giochi di ruolo – che però sono rimaste, appunto, nell’ambito della “straordinarietà”. Vale a dire che, al rientro al lavoro, gli schemi e la routine sono tornati quelli precedenti, senza alcuna “rivoluzione”.
Le iniziative possono essere molto diversificate: ci sono gli “immancabili” appuntamenti all’aria aperta, giochi di squadra o escape room che consentono ai partecipanti di mettersi alla prova e imparare a fidarsi l’un l’altro. Ci sono anche attività più “singolari”, come ad esempio gli eventi aziendali che premiano i lavoratori più efficienti o il progetto realizzato in California da Ken Keller, presidente di Renaissance Executive Forums, un’associazione di piccoli e medi imprenditori americani.
Keller ha deciso di invitare i membri dell’associazione in un vigneto, non solo (e non tanto) per trascorrere del tempo a degustare vini in compagnia e conoscersi meglio in un ambiente informale, ma per dar vita a un’iniziativa comune. Dopo aver suddiviso i partecipanti in piccoli team, ha affidato a ogni squadra dei filari con la missione di creare da zero un vino nuovo, con etichetta e pitch per presentare il prodotto, sottoposto poi a una speciale giuria che ha decretato il vincitore.
L’esperienza è servita ai partecipanti a “concentrarsi sui loro obiettivi e lavorare assieme per portare a termine un obiettivo comune”, ha spiegato Keller, e serve a noi a capire come e perché il team building possa avere ancora senso nel 2018.
Per funzionare e avere effetti nella quotidianità, le attività di questo tipo devono essere legate alla professione o all’ambito dei partecipanti che devono essere spronati a utilizzare quanto appreso nelle abitudini lavorative.
Importante anche il fattore “distrazione”; bisogna infatti evitare che nell’evento si possano presentare i problemi e le dinamiche che si vivono nello stress quotidiano della vita lavorativa.
In definitiva, team building non è solo eseguire esercizi utili e collaborativi, ma è il tentativo di rinsaldare rapporti tra esseri umani (prima che colleghi) e staccare la mente dalle incombenze e preoccupazioni dell’ufficio.