Da consumarsi entro il 2030: anche il panorama lavorativo con cui siamo abituati a confrontarci ha una data di scadenza. Nell’arco del prossimo decennio, le prospettive che ci attendono raccontano qualcosa di mai visto, una delle più grandi metamorfosi globali degli ultimi 60 anni.
Un mondo nuovo, per dirla alla Huxley. Un vero e proprio terremoto sociale per dirla con le parole del rapporto Labor 2030: The Collision of Demographics, Automation and Inequality. Una ricerca condotta da Bain & Company Macro Trend Group che ha tratteggiato un quadro che non fa sconti: abbiamo davanti a noi scenari insoliti, determinati dal combinato disposto di tre fattori: il crescente ricorso all’automazione, il progressivo calo demografico e la costante accentuazione delle disuguaglianze di carattere sociale ed economico.
Nel dettaglio, il rapporto 6 a 1 descrive il trend di automazione delle mansioni: per ogni robot che entra in ufficio, sei lavoratori vengono resi superflui. Automazione che crea disoccupazione, quindi.
Per quanto riguarda la demografia, a breve registreremo l’apice della capacità di spesa – che poi inizierà a diminuire – degli attuali 60enni che, man mano, andranno in pensione senza essere però rimpiazzati dalle giovani generazioni, ancora ai margini del mondo del lavoro.
Una stagnazione delle assunzioni globale stimata, in relazione ad esempio agli Stati Uniti, attorno ad una crescita del numero degli occupati non superiore allo 0,4% annuo. I governi, nel frattempo, dovranno trovare il modo di sostenere i costi, lievitati, di sanità, pensioni e debito pubblico, in un contesto in cui l’aspettativa di vita ha superato gli 80 anni.
Tutto questo ha un effetto immediato sulle disuguaglianze, sempre più accentuate, di carattere sociale ed economico: più la popolazione invecchia, più la ricchezza si accumula nelle mani di chi ha prodotto stabilmente reddito da lavoro.
Come uscirne? Gli analisti prevedono lo sviluppo di una nuova modalità di interazione tra governi e mercati: un ritorno al ruolo interventista giocato dai governi in campo economico all’indomani della seconda guerra mondiale. Dagli investimenti in infrastrutture agli incentivi fiscali alle aziende, le modalità sono molteplici. Quel che resta, di certo, è l’urgenza di iniziare davvero a fare i conti con uno scenario sempre più prossimo.