Aziende a caccia di profili super tecnici introvabili. Non soltanto, però, di giovani da inserire ai livelli base, dove spesso almeno all’inizio è previsto un processo formativo per completarne le professionalità. Ma anche a livello dirigenziale, dove al contrario il manager deve già possedere quelle skill, anche gestionali, che consentano all’impresa di cavalcare la rivoluzione di Industry 4.0. Ovvero quei processi che descrivono un concetto di fabbrica nella quale tecnologie digitali e connessione Internet diventano elementi cardine del processo produttivo. Un’unione che ha come obiettivo il miglioramento del time to market, una maggiore flessibilità della produzione e l’aumento dell’efficienza, intesa come ottimizzazione dei tempi di progettazione, maggiore controllo sul processo, diminuzione del margine d’errore e miglior uso delle risorse per la produzione.
Le imprese hanno bisogno di correre: qual è dunque l’identikit, cotto e mangiato, del manager all’epoca della quarta rivoluzione industriale? I dati internazionali dicono che solo uno su 10 dei dirigenti che operano ai livelli apicali comprende la logica e il potenziale del digitale e dell’intelligenza artificiale per sfruttarli al massimo nel business. Accenture prevede che oltre un terzo delle competenze richieste entro il 2020 sarà fra quelle che oggi non sono ancora considerate fondamentali, eppure all’ultimo Word Economic Forum di Davos è emerso che l’intelligenza artificiale potrà raddoppiare la crescita economica, con un balzo della produttività del 40% nei 12 Paesi considerati dalle analisi.
Per gli esperti che lavorano nel campo della formazione e del settore HR, il manager 4.0 deve essere capace, in primis, di migliorare i processi attraverso la gestione e l’implementazione di piani di sviluppo tecnologici […]
Per gli esperti che lavorano nel campo della formazione e del settore HR, il manager 4.0 deve essere capace, in primis, di migliorare i processi attraverso la gestione e l’implementazione di piani di sviluppo tecnologici e in grado, poi, di sfruttare e gestire l’intelligenza artificiale con risorse smart, come i wearable device (dispositivi indossabili), il Cloud, i Big Data e le architetture IT-OT. Ossia la convergenza tra Information Technology e Operation Technology.
Per Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager, le nuove competenze professionali dei manager nell’era dell’Industry 4.0 sono rappresentate dall’acronimo STEM, che significa Science, Technology, Engineering and Mathematics. Ambiti di formazione da cui dovranno provenire i dirigenti per cui diventeranno secondarie invece “le competenze di tipo amministrativo e, più in generale, tutte quelle collegate al back office aziendale, che sarà rapidamente rimpiazzato da procedure totalmente automatizzate. Procedure che potranno essere eseguite in tempo reale, con la massima affidabilità”.
Oltre a saper “masticare” i dati, inoltre, gli esperti della formazione concordano sul fatto che il dirigente 4.0 deve anche essere un nuovo “manager della connessione”, perché lo stabilimento 4.0 ha bisogno, a sua volta, di avere intorno tutto un ecosistema 4.0: deve quindi essere capace cioè di coniugare un background tecnico e di business con un bagaglio di competenze soft e di leadership, a livello organizzativo, cognitivo e relazionale.
Oltre alle competenze tecnologiche e digitali, anche la mentalità quindi è un elemento cruciale. Soprattutto in una prima fase in cui il dirigente, neo-inserito nell’organizzazione, assume più un ruolo da digital trasformation manager con competenze di project/program management, in grado di sostenere la fase di implementazione dei nuovi processi 4.0.
ll manager 4.0 è, prima di tutto, un manager: ecco che, al di là delle peculiarità della fase economica della quarta rivoluzione industriale, rimane intatta l’importanza del possesso delle skills gestionali per antonomasia. Ovvero la capacità di visione e le competenze che ne derivano.